Rockerilla

Che cosa tiene insieme "One Way Ticket" e "Samsingen", il dialogo materico tra un trombone e un sax soprano e le liquide atmosfere postmoderne di Bespoken?

La relazione, un dialogo lungo fatto con le antenne dritte. Non c'è esercizio in questi lavori, non c'è enciclopedia. Ci sono i linguaggi nei quali si è abituati a comunicare, ma, messi in relazione, accettano di modificarsi. Ne esce una sublimazione buona, una santa confusione. Samsingen, ad esempio, è un prodotto sincero, quasi instabile nella sua emozione, la musica trema da quanto è vera. È speciale perché non si compie, lascia sospesi. In Tuesdays è lo scontro fra due suoni: un timbro ruvido, viscerale, quello del trombone di Angelo Contini, e uno mentale, tutto dinamiche e punte aguzze, del soprano.

Eclettismo? parola spinosa... Amirani Records è eclettica?

E’ spinosa perché è connessa con Versatilità, Compatibilità. In ambito artistico non mi piace, perché penso che sia una specie di capacità pratica a fare tutto, ma operando una sintesi superficiale fra le parti. L’eclettico non indaga, fa. No, Amirani Records non è eclettica. Per ogni singolo prodotto impiega molto tempo, investigando le linee che l’hanno generato. Il fattore scatenante è la sincerità. Sono attratto da originalità vere, anche se distanti.

Perchè Amirani?

La storia alla quale sono affezionato è quella dell’eroe mitologico di area Caucasica. Amirani è il personaggio di una saga popolare e mitica, le cui gesta sono ancora rappresentate nei teatri di burattini in Armenia, Georgia, Iran occidentale, Adzerbaidjan, ecc…. È un titano, dotato di una forza erculea, combatte contro mostri, conosce i segreti della lavorazione dei metalli. È amico delle popolazione e dona loro il segreto del metallo, per questo gli dei, per la sua generosità lo incatenano sulle fredde cime dell’Elbruz. Il suo cane lecca le catene, le catene stanno per spezzarsi, ma a quel punto gli dei comandano a tutti i fabbri del Caucaso di picchiare insieme col martello sull’incudine. Con quel grande suono le catene si riformano. È tragico, buffo ed eroico allo stesso tempo.

Gianni Mimmo: artigiano, musicista, studioso, compositore, "produttore"...

Tutto depone a favore della presenza di un enorme ego. È così. Ma anche non mi riesce di fare diversamente. Prima mi piace mettere le mani sulle cose, poi le cose cominciano a farmi domande e da questo rapporto nasce il lavoro. Suono il sax da quando ero ragazzo, poi ho voluto smontarlo, poi ho dovuto rimontarlo e questo mi ha fatto studiare e pensare. Il detto zen dice che la meditazione consiste nell’andare al pozzo a prendere l’acqua, che tutto sta lì. E così la mia meditazione è il fare. Ma riesco bene anche nel non fare niente. Verrà il tempo per stare seduti sul muretto a dondolare le gambe. Il lavoro mi ha dato modo di conoscere una quantità di musicisti nella loro parte più concreta, fisica. Le loro mani sullo strumento, i trucchi, certe manie, da tutti ho imparato qualcosa. Ma soprattutto ad ascoltare. Ora ho l’impressione di vederlo il suono. Tutto il lavoro sul timbro, sulla qualità, sui parziali. È stato più facile avendoci a che fare dal punto di vista manuale. L’interessante, quando si parla di suono, è che si usano metafore, la comunicazione è raffinatissima, filosofica, si parla di colore, di scultura, di vuoto, di pieno. E’ una scuola. La composizione per me è togliere, davvero sento la cosa come fosse scultura. Lavorare con i testi è speciale, ma richiede un tempo lungo. Emergono dopo anni le idee, come ci fosse un tempo perché le parole divengano chiare e quasi sempre si portano addosso il loro suono. Non è guidare il processo, è appartenervi. Presto riprenderò alcune cose scritte tempo fa attorno a testi di Bacon, Stevenson, di nuovo Beckett e sulle cellule fonetiche della lingua italiana...

Penso che l'esperienza dell'etichetta Ti abbia messo in contatto con realtà trasversali, al di fuori del jazz e della musica contemporanea, ambienti che forse ti erano più noti sin dall'inizio. Che cosa hai trovato di nuovo, insospettabile, e che cosa hai trovato di "immutabile"?

Ho trovato una socialità che credevo smarrita, molta preparazione sulla tecnica elettronica, una conoscenza trasversale sulla musica contemporanea e jazz. Questo onestamente non me lo aspettavo dal post rock. Trovare poco più che ventenni che conoscono Cage o Xenakis o Coltrane così a fondo, con una curiosità di ricerca sulle possibilità strumentali viva e continua, beh, questo è grande! Guarda i cataloghi di certe piccole label, ci sono mille derivazione e derive: noise e ballerini contemporanei a proprio agio su Sciarrino o su chitarre di sangue… Ne esce una musica più possibile, non più solo bidimensionale. È la rete che vibra nelle sue mille giunzioni.

Gianni Mimmo parte dal jazz laddove il migliore post-free incontra la musica "colta" contemporanea, e trova a metà strada Xabier Iriondo, che arriva dal noise come escrescenza sperimentale di un alveo post-punk. Due percorsi apparentemente opposti...

Con Xabier c’è grande amicizia e affetto. Quando comunichiamo siamo subito nella stanza del tesoro. Progettare è facile e, grazie alla perizia che ha, gli scarti, i passi successivi alla nascita di un’idea sono quasi sempre di qualità. Non credo che i nostri percorsi siano opposti, sono diversi e molto, questo sì. Ma abbiamo la stessa capacità di messa fuoco, una volontà costruttiva simile, molte passioni in comune. Il lavoro in dvd sull’epopea del sottomarino nucleare Kursk,  che Amirani pubblicherà prossimamente, ne è un esempio. È un’idea di materia che va oltre la musica in sé. È un’esperienza, un lavoro. E anche una responsabilità. Non è poco..